Visualizzazione post con etichetta storielle. Mostra tutti i post
Visualizzazione post con etichetta storielle. Mostra tutti i post

lunedì 18 novembre 2013

Frammenti


Una professoressa concluse la sua lezione con le parole di rito: "Ci sono domande?".
Uno studente le chiese: "Professoressa, qual è il significato della vita?".
Qualcuno, tra i presenti che si apprestavano a uscire, rise.
La professoressa guardò a lungo lo studente, chiedendo con lo sguardo se era una domanda seria.
Comprese che lo era. "Le risponderò" gli disse.
Estrasse il portafoglio dalla sua cartella, ne tirò fuori uno specchietto rotondo, non più grande di una moneta.
Poi disse: "Ero bambina durante la guerra.
Un giorno, sulla strada, vidi uno specchio andato in frantumi.
Ne conservai il frammento più grande. Eccolo.
Cominciai a giocarci e mi lasciai incantare dalla possibilità di dirigere la luce riflessa negli angoli bui dove il sole non brillava mai: buche profonde, crepacci, ripostigli.
Conservai il piccolo specchio.
Diventando grande finii per capire che non era soltanto il gioco di una bambina, ma la metafora di quello che avrei potuto fare nella vita.
Anch'io sono il frammento di uno specchio che non conosco nella sua interezza.
Con quello che ho, però, posso mandare la luce, la verità, la comprensione, la conoscenza, la bontà, la tenerezza nei bui recessi del cuore degli uomini e cambiare qualcosa in qualcuno.
Forse altre persone vedranno e faranno altrettanto. In questo per me sta il significato della vita".

domenica 26 giugno 2011

ah, i maschietti!

Durante la mia adolescenza avevo parecchie difficoltà a fare amicizia con i miei coetanei maschi, mentre riuscivo molto più semplicemente con le ragazze. Il motivo di questa mia "predisposizione" credo risieda (anche) nel fatto che la mia testa già allora era parechio diversa dal modello proposto nella storiella che ho trovato in giro per il web e che qui vi riporto.


RIFLETTERE

Un uomo aveva tre ragazze ma non sapeva quale sposare.
Allora, decise di fare un test, per vedere quale fosse la più adatta a diventare sua moglie.
Prelevò 15.000 euro dalla sua banca, ne diede 5000 à ciascuna dicendole: - Spendili come vuoi.
La prima andò a fare shopping, acquistò vestiti, gioielli, andò dal parrucchiere, dall'estetista etc.
Di ritorno dall'uomo, gli disse: - Ho speso tutti i tuoi soldi per essere più bella per te, per piacerti: Tutto ciò, perché ti amo.
Anche la seconda andò a fare shopping, acquistando vestiti per lei, un lettore CD, una televisione schermo piatto, due paia si scarpe da jogging, delle mazze da golf e dei film porno.
Di ritorno dall'uomo, gli disse: - Ho speso tutti i tuoi soldi per renderti felice, per piacerti. Tutto ciò, perché ti amo.
La terza prese i soldi e li investì in borsa. In tre giorni raddoppiò il proprio investimento, rese i 5000 Euro all'uomo e gli disse: - Ho investito i tuoi soldi ed ho guadagnato i miei. Ora posso fare ciò che voglio col mio danaro. Tutto ciò, perché ti amo.
Allora l'uomo si mise a riflettere, riflettere... riflettere..
riflettere..
riflettere..
riflettere.. (gli uomini riflettono molto...)
riflettere..
riflettere..
riflettere..
riflettere..
riflettere..
riflettere..
riflettere..
riflettere..
riflettere..
riflettere.. (gli uomini riflettono veramente tanto.)
riflettere..
riflettere..
riflettere..
riflettere..
riflettere..
riflettere..
riflettere.. (UFF, E' LUNGA)
riflettere..
riflettere..
riflettere..
riflettere..
riflettere..

E sposò quella che aveva le tette più grosse.
Perché un uomo riflette molto... ma finisce sempre per fare le stesse cazzate.

venerdì 4 marzo 2011

15 centesimi

15 centesimi di lira  

Ai tempi in cui un gelato con sciroppo e frutta costava molto meno, un ragazzo di dieci anni entrò nel bar di un albergo e si sedette a un tavolo. Una cameriera mise un bicchiere di acqua davanti a lui.
"Quanto costa un gelato con sciroppo e frutta?".
"50 centesimi" replicò la cameriera.
Il ragazzino tirò fuori la mano dalla tasca ed esaminò il numero di monete che aveva.
"Quanto costa una porzione di gelato normale?" s'informò.
Alcune persone stavano cercando un tavolo e la cameriera era un po' impaziente.
"35 centesimi" disse bruscamente.
Il ragazzino contò ancora le monete. "Prendo il gelato normale" disse.
La cameriera portò il gelato, mise il conto sul tavolo e se ne andò. Il ragazzo finì il gelato, pagò al cassiere e se ne andò. Quando la cameriera ritornò, iniziò a pulire il tavolo e rimase di stucco per quello che vide. Accanto al piatto vuoto, messi ordinatamente, c'erano 15 centesimi, la sua
mancia.
( Bruno Ferrero -  L'Importante è la Rosa )

domenica 25 luglio 2010

Il pescatore - Heinrich Boll



Vecchio pescatore - Old fisherman
 "Vecchio pescatore" - Gianluca Stucchi - olio su tela - 1993

-------------------------------------------------------

In un porto della costa occidentale europea un uomo vestito poveramente se ne sta sdraiato nella sua barca da pesca e sonnecchia.
Un turista vestito con eleganza sta appunto mettendo una nuova pellicola a colori nella sua macchina fotografica per fotografare quella scena idillica: cielo azzurro, mare verde con pacifiche, candide creste di spuma, barca nera, berretto da pescatore rosso. Clic. Ancora una volta: clic, e siccome non c’è due senza tre, ed è sempre meglio essere sicuri, una terza volta: clic.
Quel rumore secco, quasi ostile sveglia il pescatore mezzo addormentato, che si drizza pieno di sonno, cerca, pieno di sonno, il suo pacchetto di sigarette, ma prima di averlo trovato lo zelante turista gliene mette già un altro sotto il naso, gli ha infilato una sigaretta non proprio in bocca ma tra le dita, e un quarto clic, quello dell’accendino, conchiude quella sollecita cortesia. Quell’eccedenza quasi impercettibile, assolutamente indimostrabile di scattante cortesia ha provocato un irritato imbarazzo che il turista, il quale conosce la lingua locale, cerca di superare entrando in conversazione.
Oggi lei farà una buona pesca.
Il pescatore scuote la testa.

– Perché? Non uscirà al largo?
Il pescatore scuote la testa; crescente nervosismo del turista. Deve stargli proprio a cuore il bene di quell’uomo poveramente vestito, e certo lo tormenta il pensiero di quell’occasione perduta.
– Oh, lei non si sente bene?
Finalmente il pescatore passa dal linguaggio dei segni alla parola articolata. – Mi sento benone, – dice. – Non mi sono mai sentito meglio – . Si alza, si stira come per far vedere l’atleticità del suo fisico. – Mi sento una cannonata.
Il volto del turista assume un’espressione sempre più infelice, non può più reprimere la domanda che, per così dire, minaccia di fargli scoppiare il cuore: – Ma allora perché non esce al largo?
La risposta arriva subito, asciutta. – Perché l’ho già fatto stamattina.
- E’ stata una buona pesca?
- Talmente buona che non ho bisogno di uscire un’altra volta, ho preso quattro aragoste, quasi due dozzine di maccarelli…
Il pescatore, finalmente sveglio, ora si scioglie e dà qualche rassicurante pacca sulla spalla al turista. La sua faccia preoccupata gli sembra l’espressione di un’ansia magari fuori posto ma commovente.
– Ne ho persino abbastanza per domani e dopodomani, – dice per sollevare l’animo dello straniero. – Fuma una delle mie sigarette?
– Sì, grazie.
I due mettono in bocca le sigarette, un quinto clic, lo straniero si siede scotendo la testa sul bordo della barca, mette da parte l’apparecchio fotografico perché adesso gli servono tutte e due le mani per dare forza al suo discorso.
– Io non voglio immischiarmi nei suoi affari privati, – dice, – ma immagini di uscire al largo, oggi, una seconda, una terza, magari una quarta volta e di pescare tre, quattro, cinque, forse addirittura dieci dozzine di maccarelli… se lo immagini un po’.
Il pescatore annuisce.
– Faccia conto, – continua il turista, – che non solo oggi, ma domani, dopodomani, in ogni giorno favorevole lei esca al largo due, tre, magari quattro volte… Io sa che cosa succederebbe?
Il pescatore scuote la testa.
- In un anno al massimo lei potrebbe comprarsi un motore, entro due anni una seconda barca, fra tre o quattro anni lei potrebbe forse avere un piccolo cutter, con le due barche o il cutter lei naturalmente pescherebbe molto di più. Un bel giorno lei avrebbe due cutter, e allora… – L’entusiasmo gli strozza la voce per qualche istante. – Allora lei si costruirebbe una piccola cella frigorifera, magari un affumicatoio, più tardi una fabbrica di pesce in salamoia, andrebbe in giro nel suo elicottero personale, scoprirebbe dall’alto le schiere di pesci e lo comunicherebbe via radio ai suoi cutter. Potrebbe acquistare il diritto alla pesca del salmone, aprire un ristorante specializzato in pesce, esportare direttamente a Parigi, senza intermediari, le aragoste; e poi… – Ancora una volta l’entusiasmo impedisce allo straniero di parlare. Scotendo il capo, afflitto nel profondo del cuore, avendo già quasi perso il piacere delle vacanze, guarda le onde che avanzano dolcemente e dove è tutto un allegro guizzare di pesci non pescati.
- E poi, – dice, ma ancora una volta l’eccitazione lo rende muto.
Il pescatore gli batte sulla schiena come a un bambino a cui sia andato un boccone di traverso.
- Che cosa? – gli chiede sottovoce.
- E poi, – dice lo straniero con un entusiasmo estatico, – e poi lei potreb¬be starsene in santa pace qui nel porto, sonnecchiare al sole… e contemplare questo mare stupendo.
- Ma questo lo faccio già, – dice il pescatore, – me ne sto in santa pace qui nel porto e sonnecchio, è solo il suo clic che mi ha disturbato.
Il turista così ammaestrato se ne andò via pensoso, perché un tempo anche lui aveva creduto di lavorare per non dover più lavorare un giorno, e in lui non restava traccia di compassione per quel pescatore poveramente vestito, solo un poco d’invidia.


(tratto da:  Il nano e la bambola. Racconti 1950 1970, Einaudi)

mercoledì 23 dicembre 2009

Il cuore più bello del mondo

tanti cuori

C'era una volta un giovane in mezzo a una piazza gremita di persone: diceva di avere il cuore più bello del mondo o, quantomeno, della vallata. Tutti quanti gliel'ammiravano: era davvero perfetto senza alcun minimo difetto. Erano tutti concordi nell'ammettere che quello era proprio il cuore più bello che avessero mai visto in vita loro e più lo dicevano, più il giovane s'insuperbiva e si vantava di quel suo cuore meraviglioso.
All'improvviso spuntò fuori dal nulla un vecchio, che emergendo dalla folla disse:"Beh... a dire il vero… il tuo cuore è molto meno bello del mio." Quando lo mostrò, aveva puntati addosso gli occhi di tutti: della folla e del ragazzo. Certo, quel cuore batteva forte, ma era ricoperto di cicatrici. C'erano zone dalle quali erano stati asportati dei pezzi e rimpiazzati con altri, ma non combaciavano bene - così il cuore risultava tutto bitorzoluto. Per giunta, era pieno di grossi buchi dove mancavano interi pezzi.
Così tutti quanti osservavano il vecchio, colmi di perplessità, domandandosi come potesse affermare che il suo cuore fosse bello. Il giovane guardò com'era ridotto quel vecchio, scoppiò a ridere e disse:"Starai scherzando! Confronta il tuo cuore col mio: il mio è perfetto mentre il tuo è un rattoppo di ferite e lacrime."
"Vero!" ammise il vecchio. "Il tuo ha un aspetto assolutamente perfetto, ma non farei mai a cambio col mio. Vedi, ciascuna ferita rappresenta una persona alla quale ho donato il mio amore: ho staccato un pezzo del mio cuore e gliel'ho dato e spesso ne ho ricevuto in cambio un pezzo del loro cuore a colmare il vuoto lasciato nel mio. Ma, certamente, ciò che dai non è mai esattamente uguale a ciò che ricevi – e così ho qualche bitorzolo... a cui sono affezionato, però: ciascuno mi ricorda l'amore che ho condiviso. Altre volte invece ho dato via pezzi del mio cuore a persone che non mi hanno corrisposto: questo ti spiega le voragini. Amare è rischioso, certo, ma per quanto dolorose siano queste voragini che rimangono aperte nel mio cuore, mi ricordano sempre l'amore che provo anche per queste persone... e chissà?, forse un giorno ritorneranno, e magari colmeranno lo spazio che ho riservato per loro. Comprendi ora che cosa sia la VERA bellezza?"
Il giovane era rimasto senza parole e lacrime copiose gli rigavano il volto. Prese un pezzo del proprio cuore, andò incontro al vecchio e gliel'offrì con le mani che tremavano. Il vecchio lo accettò, lo mise nel suo cuore, poi prese un pezzo del suo vecchio cuore rattoppato e con esso colmò la ferita rimasta aperta nel cuore del giovane. Ci entrava, ma non combaciava perfettamente, faceva un piccolo bitorzolo. Il giovane guardò il suo cuore che non era più "il cuore più bello del mondo"... eppure lo trovava più meraviglioso che mai: perché l'amore del vecchio ora scorreva dentro di lui.

giovedì 5 novembre 2009

La storia dell'asino - Charlie Chaplin

Asino - Donkey


C'era una volta una coppia con un figlio di 12 anni e
un asino. Decisero di viaggiare, di lavorare e di
conoscere il mondo. Così partirono tutti e tre con il
loro asino.

Arrivati nel primo paese, la gente
commentava: "guardate quel ragazzo quanto è
maleducato...lui sull'asino e i poveri genitori, già
anziani, che lo tirano" Allora la moglie disse a suo
marito: "non permettiamo che la gente parli male di
nostro figlio." Il marito lo fece scendere e salì
sull'asino.

Arrivati al secondo paese, la gente
mormorava: "guardate che svergognato quel
tipo...lascia che il ragazzo e la povera moglie tirino
l'asino, mentre lui vi sta comodamente in groppa."
Allora, presero la decisione di far salire la moglie,
mentre padre e figlio tenevano le redini per tirare
l'asino.

Arrivati al terzo paese, la gente
commentava: "pover'uomo! dopo aver lavorato tutto
il giorno, lascia che la moglie salga sull'asino. e
povero figlio. chissà cosa gli spetta, con una madre
del genere! Allora si misero d'accordo e decisero di
sedersi tutti e tre sull'asino per cominciare
nuovamente il pellegrinaggio

Arrivati al paese successivo, ascoltarono cosa diceva
la gente del paese: sono delle bestie, più bestie
dell'asino che li porta. gli spaccheranno la schiena!
alla fine, decisero di scendere tutti e camminare
insieme all'asino. ma, passando per il paese
seguente, non potevano credere a ciò che le voci
dicevano ridendo: guarda quei tre idioti;
camminano, anche se hanno un asino che potrebbe
portarli!

Conclusione: ti criticheranno sempre, parleranno
male di te e sarà difficile che incontri qualcuno al
quale tu possa andare bene come sei.

Quindi: vivi come credi e fa ciò che vuoi
senza pensare a quello che pensano
gli altri.

(Charlie Chaplin)

domenica 26 luglio 2009

La crepa nel vaso

Leggendo il blog di Charmel mi è venuta la voglia di inserire una delle storie che ho raccolto nel tempo in giro per il web e tengo conservate in una cartella del mio portatile :)

<------------>

Due vasi cinesi


Un'anziana donna cinese aveva due grandi vasi, ciascuno sospeso all'estremità di un palo che lei portava sulle spalle.

Uno dei vasi aveva una crepa, mentre l'altro era perfetto, ed era sempre pieno d'acqua alla fine della lunga camminata dal ruscello a casa, mentre quello crepato arrivava mezzo vuoto.

Per due anni interi andò avanti così, con la donna che portava a casa solo un vaso e mezzo d'acqua. Naturalmente, il vaso perfetto era orgoglioso dei propri risultati.

Ma il povero vaso crepato si vergognava del proprio difetto, ed era avvilito di saper fare solo la metà di ciò per cui era stato fatto.

Dopo due anni che si rendeva conto del proprio amaro fallimento, un giorno parlò alla donna lungo il cammino:
”mi vergogno di me stesso, perché questa crepa nel mio fianco fa sì che l'acqua fuoriesca lungo tutta la strada verso la vostra casa”.

La vecchia sorrise:
”ti sei accorto che ci sono dei fiori dalla tua parte del sentiero, ma non dalla parte dell'altro vaso? È perché io ho sempre saputo del tuo difetto, perciò ho piantato semi di fiori dal tuo lato del sentiero ed ogni giorno, mentre tornavamo, tu li innaffiavi.
Per due anni ho potuto raccogliere quei bei fiori per decorare la tavola.
Se tu non fossi stato come sei, non avrei avuto quelle bellezze per ingentilire la casa”.

domenica 28 giugno 2009

La nuvola e la duna


(P. Coelho, Sono come il fiume che scorre)
LA nuvola e la duna

Una nuvola nacque al centro di una grande tempesta sul Mar Mediterraneo, ma non ebbe neppure il tempo di crescere: un forte vento sospinse tutte le nubi verso l'Africa. Appena arrivarono sul continente, il clima mutò: nel cielo brillava un sole vigoroso e, laggiù in basso, si stendeva la sabbia dorata del Sahara. Il vento continuò a soffiare, spingendo le nubi verso le foreste del Sud, giacché nel deserto non piove quasi mai.
Ma le giovani nuvole possono essere soggette agli stessi comportamenti che caratterizzano l'adolescenza umana, e così accadde che la nostra nube decise di allontanarsi dai genitori e dalle amiche più anziane per conoscere il mondo.
"Che cosa stai facendo?" la rimproverò il vento. "Il deserto è tutto uguale! Rientra subito in formazione! Siamo diretti verso il centro dell'Africa, dove ci sono montagne e alberi meravigliosi!"
Ma, ribelle per natura, la giovane nuvola non obbedì: a poco a poco, si abbassò, planando come una brezza dolce e generosa fin sopra le sabbie dorate. Dopo averle sorvolate a lungo, notò che una duna le stava sorridendo.
"Buongiorno," disse. "Come si vive laggiù in basso?"
"Bè, in compagnia delle altre dune, del sole, del vento e delle carovane che, di tanto in tanto, si trovano a passare da queste parti. Talvolta c'è un gran caldo, ma si riesce a sopportarlo. E come si vive lassù in alto?"
"Anche qui ci sono il sole e il vento. Ma io ho il vantaggio di poter passeggiare nel cielo e conoscere tante cose."
"Per me, la vita è breve," disse la duna. "Quando il vento tornerà dalle foreste, io scomparirò."
"E questo ti rattrista?"
"Bè, mi dà la sensazione di non servire a niente."
"Anch'io vivo qualcosa di simile. Appena arriverà un nuovo vento, verrò spinta verso sud e mi trasformerò in pioggia. Eppure questo è il mio destino."
La duna esitò per qualche attimo, poi disse: "Sai che, qui nel deserto, la pioggia viene chiamata 'Paradiso'?"
"Non sapevo che mi sarei trasformata in qualcosa di così importante," disse la nuvola, orgogliosa.
"Ho udito varie leggende raccontate dalle dune più vecchie. Narrano che, dopo la pioggia, ci ricopriamo di erba e fiori. Ma io non saprò mai che cosa significhi tutto questo, perché nel deserto piove assai di rado."
Stavolta fu la nuvola a mostrarsi esitante. Ma, dopo un momento, si aprì in un sorriso e disse: "Se vuoi, posso inondarti di pioggia. Benché ti conosca appena, mi sono innamorata di te e vorrei restare qui per sempre."
"Anch'io mi sono innamorata di te fin da quando ti ho visto per la prima volta in cielo," replicò la duna. "Ma se tramuterai in pioggia la tua bella chioma bianca, finirai per morire."
"L'amore non muore mai," disse la nuvola. "Si trasforma. E io voglio mostrarti il Paradiso."
Poi cominciò ad accarezzare la duna con piccole gocce. Rimasero unite per lungo tempo, finché apparve un arcobaleno.
L'indomani, la piccola duna era ricoperta di fiori. Le nuvole dirette verso il centro dell'Africa pensarono che quello fosse un piccolo lembo della foresta di cui erano in cerca e riversarono altra pioggia. Vent'anni dopo, la duna si era trasformata in un'oasi che ristorava i viaggiatori con l'ombra dei sui alberi.
E questo perché, un giorno, una nuvola innamorata non aveva esitato a dare la propria vita per amore.

sabato 25 aprile 2009

Osservare la mente (Osho)

Ruscello

Un giorno il Buddha stava attraversando una foresta. Era un afoso giorno d'estate e aveva molta sete; disse ad Ananda, il suo discepolo più vicino: «Ananda, torna indietro. Cinque o sei chilometri fa, abbiamo attraversato un ruscello. Porta un po' d'acqua, prendi la mia ciotola. Sono molto stanco e assetato». Era invecchiato...
Ananda tornò indietro, ma quando raggiunse il ruscello erano passati alcuni carri che avevano reso fangosa l'acqua. Le foglie morte che giacevano sul fondo erano sulla su.perficie; non era più possibile berla, perché si era intorbidita. Egli tornò a mani vuote e disse: «Dovrai aspettare un po'; andrò più avanti. Ho sentito dire che due, tre chilometri più avanti c'è un grande fiume. Porterò l'acqua da là».
Ma il Buddha insisté: «Torna indietro e prendi l'acqua da quel ruscello».
Ananda non riusciva a capire la sua insistenza, ma se il Maestro diceva così, il discepolo doveva eseguire l'ordine. Sebbene vedesse l'assurdità della cosa - camminare ancora per cinque chilometri, nonostante l'acqua non si potesse bere - si mise in cammino. Mentre partiva, il Buddha gli disse: «Non tornare se l'acqua è ancora torbida. In quel caso, siediti sulla riva in silenzio. Non fare nulla, non entrare nel fiume. Siediti sulla riva in silenzio e osserva. Prima o poi l'acqua tornerà limpida, riempirai la ciotola e tornerai indietro».
Ananda andò e il Buddha aveva ragione: l'acqua era quasi pulita, le foglie se n'erano andate, il fango si era depositato; ma poiché non era ancora totalmente limpida, egli si sedette sulla riva a guardare il fiume scorrere. A poco a poco divenne chiaro come un cristallo. Allora tornò indietro danzando: aveva capito l'insistenza del Buddha. In ciò che era successo c'era un messaggio per lui, e l'aveva compreso. Diede l'acqua al Buddha e, ringraziandolo, gli toccò i piedi.
Il Buddha disse: «Che cosa stai facendo? Sono io che dovrei ringraziarti, poiché mi hai portato l'acqua».
Ananda rispose: «Adesso posso capire. Prima ero arrabbiato; non l'ho fatto vedere, ma lo ero perché pensavo fosse assurdo tornare indietro. Tuttavia, ora comprendo il messaggio: era davvero ciò di cui avevo bisogno in questo momento. Seduto sulla riva del fiume, ho capito che la stessa cosa accade con la mente. Se salto nel ruscello, lo sporcherò di nuovo. Se salto nella mente, si crea più rumore, cominciano a sorgere nuovi problemi. Seduto in disparte, ho imparato la tecnica.
«Adesso anche con la mente mi siederò in disparte, osservandola in tutti i suoi problemi, la sporcizia, le foglie morte, le ferite, i traumi, i ricordi, i desideri. Imperturbato, starò seduto sulla riva, aspettando il momento in cui tutto sarà limpido.»

Tratto da: The Dhammapada: The Way of the Buddha, vol. 10, cap. 4.